RISTRETTI ORIZZONTI (www.ristretti.org) – 12/04/2014

www.informazione.it, 12 aprile 2014

“Quando mancano 47 giorni alla scadenza del termine ultimo imposto dall’Europa, nei nostri Istituti sono ancora presenti oltre 60.000 detenuti. C’è un problema di diritti umani e di umanità della pena che ancora non è stato risolto”. È quanto afferma in una nota Giuseppe Maria Meloni, responsabile del movimento Clemenza e Dignità, che aggiunge: “I diritti umani, per essere compresi appieno e veramente tutelati, necessitano di una particolare predisposizione dell’animo, che non è richiesta normalmente per tutti gli altri diritti. La piena comprensione e tutela dei diritti differenti da quelli propriamente dell’uomo, difatti, avviene in maniera molto più intellettuale e tecnica, in maniera fredda e formale, quasi meccanica”. “I diritti umani, – osserva – o perlomeno il loro nucleo essenziale, invece, funzionano in maniera diversa, funzionano in maniera che, per essere compresi compiutamente e veramente tutelati, necessitano in maniera imprescindibile di quel particolare sentimento che è il senso di umanità”. “È quindi evidente, – sottolinea – di quanto possa allontanarsi la soluzione del problema, di quante difficoltà possano ancora insorgere nell’iter di risoluzione, se in merito al dramma delle carceri, continuassimo a ragionare solo di capienza regolamentare, di metri quadrati, di quantità di luce, di ore d’aria, e molto altro ancora, senza porre a monte il vero motore dell’umanizzazione della pena, il vero motore, da cui tutto discenderebbe in senso naturale e senza alcuno ostacolo: il senso di umanità, di cui anche all’art. 27 della nostra Costituzione Repubblicana”. “Purtroppo, – continua Meloni – non sono in grado di suggerire e descrivere dettagliatamente quei particolari meccanismi dell’animo, che potrebbero avvicinare il nostro Legislatore e le Istituzioni a questo specifico sentimento di umanità. Posso, tuttavia, fornire un esempio, l’esempio di due uomini, dotati in maniera molto pronunciata di questo particolare senso: Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Il primo, – conclude – durante la sua visita al carcere di Regina Coeli, nel dicembre del 1958, addirittura, disse, “Miei cari figlioli, miei cari fratelli, siamo nella casa del Padre anche qui”, e poi ancora “Io metto i miei occhi nei vostri occhi: ma no, perché piangete? Siate contenti che io sia qui. Ho messo il mio cuore vicino al vostro”. Il secondo, invece, è il Papa che pubblicamente e dinanzi al Parlamento Italiano chiese un segno di clemenza nei confronti dei detenuti, e soprattutto è il Papa che perdonò il suo attentatore Alì Agca, un killer professionista che il 13 maggio 1981 gli sparò due colpi di pistola”

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